É anche possibile che abbiamo frainteso il senso e la sostanza dell’intero testo della Hollier.1
1. Tuttavia… in questo contesto piuttosto di attenersi all’argomento, qualcuno ha pensato bene di preoccuparsi della salute di Dio. E se è vero che quanto si mette in Dio si toglie all’uomo, è anche vero il contrario: che quanto si mette nell’uomo si toglie a Dio. Così – se abbiamo capito bene e non ci ha tradito la traduzione dall’inglese di un brano isolato – qualcuno2 si è sentito mancare, e ha preferito convincersi che ai surrealisti la questione del colonialismo serviva solo a decorare la polemica con una patina di estrema sinistra3 dietro la quale dissimulare un “ossessivo e spietato anticle-ricalismo”, una avversione per la religione se non addirittura per il sacro.4 Difatti, dopo aver approvato i roghi delle chiese cattoliche in Spagna5, i surrealisti si rammaricano per la perdita di cimeli primitivi nell’incendio del padiglione delle Indie Olandesi. Quindi, tanto per “giustificare” questa condotta ambigua e togliersi dall’imbarazzo, avrebbero usato argomenti inconsistenti, contraddittori o illogici.6 Basterebbe leggere i volantini surrealisti per capire che i loro argomenti sono al contrario frutto di una visione più evoluta e complessa di quella che porta al risentimento anticlericale, residuale della lotta tra gli Ordini dei vecchi Stati preborghesi e precapitalisti. Basterebbe leggere… E nondimeno su questi argomenti vogliamo intrattenerci un po’. Gli oggetti d’arte non verrebbero valutati con gli stessi criteri, a secondo della loro provenienza da un paese colonizzatore o colonizzato.7 Alla “discriminazione positiva”8 dei surrealisti nei confronti dell’arte primitiva si intende contrapporre un’indiscriminata parificazione degli incendi e degli oggetti sacri.
La questione posta in questi termini suppone necessariamente che opere d’arte o oggetti religiosi provenienti dai paesi colonizzati sono da considerare alla stessa stregua di quelli prove-niente dai paesi colonizzatori; e che pertanto dovrebbero o tutti venir salvati o tutti dati alle fiamme.
Il fatto che l’arte primitiva entri a far parte della questione coloniale non significa che l’arte dei popoli oppressi venga considerata in sé quale “risposta” all’oppressione; sono piuttosto i surrealisti ad indicare, e magari anche adottare15 quest’arte come “risposta” alla oppressione e all’attacco che quei popoli (e la loro arte) subiscono da parte di nazioni che, dopo averli sottomessi materialmente procedono a sottometterseli anche culturalmente mobilitando tutti i dispositivi al loro servizio (specialmente poi se tra questi ce ne sono di condivisi, come lo è la religione, appunto e ad esempio). Oggetti di culti primitivi o oggetti di culto cattolici dovrebbero venir valutati applicando a tutti indistintamente gli stessi canoni estetici, antropologici, religiosi, sociali? Ma questo è esattamente ciò che fa il fuoco! A noi, invece, che siamo uomini e sappiamo differenziare ciò che ci si para dinanzi come uniforme, viene in mente che nelle culture primitive certe manifestazioni dell’opera dell’uomo (oggetti d’arte, di culto o di lusso che siano) possono ancora organicamente svolgere delle funzioni sociali determinate, mentre nelle società sviluppate ad un grado superiore l’arte e i suoi oggetti, la religione e i suoi apparati, hanno esaurito ogni loro originaria spinta evolutiva ed essere oramai d’intralcio ad ogni conseguente sviluppo della società (della specie) nella sua fase attuale. E qui l’analogia tra arte e nazionalismo può tornare nuovamente utile. Come per il nazionalismo (che in occidente aveva da tempo completato il proprio ciclo storico e sociale ma vi permaneva come un cadavere16, mentre nei paesi colonizzati era un fattore nuovo e vitale per l’emancipazione di quei popoli17) anche per l’opera d’arte (che in occidente ha guadagnato l’effimero, il danno e l’abbandono, e arriva esausta e oramai indifferente alla sua propria fine) non si può adottare un unico criterio di valutazione. Così, ad esempio, essendo l’arte “selvaggia” estranea all’estetica occidentale dell’effimero, si deve riconoscere ai suoi prodotti lo statuto di oggetti unici e pertanto durevoli, e quindi da salvaguardare (soprattutto da parte di quelle nazioni che li saccheggiano) in quanto “rari e antichi reperti artistici appartenenti a quelle aree…18 dotati per noi di un innegabile valore scientifico, e (che) per questa ragione hanno perso qualsiasi dimensione sacra”.19 Eppure, nonostante un pronunciamento così chiaro, qualcuno non riesce proprio a credere che la religione e il sacro non c’entrino nulla; allora li fa rientrare a forza, sia pure come vittime e martiri sebastiani del disagio per la componente anticlericale del surrealismo! > |
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Ma per quale motivo nasconderla dietro l’anticolonialismo nel 1931, se in precedenza proprio il surrealismo l’avrebbe esibita volentieri?20
La risposta sarebbe da ricercare in ogni direzione immaginabile (antioccidentalismo, antireligiosità, ossessioni personali), tranne però che semplicemente nell’anticolonialismo e anticapitalismo apertamente dichiarato dai surrealisti. D'altronde i cultori del sacro sono così avvezzi a vedere la realtà immediata come inganno da attribuire a tutti la pratica dell’impostura, di cui tra l’altro sono le prime vittime. Consentite una digressione sul richiamo dei surrealisti alle osservazioni di Morgan su irochesi e hawaiani, utilizzate da Marx ed Engels nelle loro ricerche sull’origine della famiglia, che non conducevano certo per conto dell’antropologia ma per conto della prassi attuale e del futuro della specie; perché alla luce di questa semplice considerazione, l’altro (diverso-distante–ostile-ospite, ecc.) si svelerebbe come il medesimo preso in un determinato momento dell’arco millenario che lega l’uomo ancestrale al membro della comunità futura. Allora lo specchio (antropologico) non sarebbe una superficie lucida che ri-flette il/sul sé (l’immagine fisica, personale e attuale, con annesso corollario sull’inconscio) ma la distanza traslucida (cronologicamente invertita, e non pervertita) che consente di “toccare” il noi stessi di un tempo remoto, tuttavia ancora vivo e organico. 3.
Con ciò si crede di fornire un argomento in più per dimostrare che il vero bersaglio dei surrealisti non era il colonialismo ma la religione, soprattutto quella cristiano-cattolica, il suo clero e il suo Papa.
La domanda, che sembra sfidare il buon senso, vuole essere provocatoria?
E’ anche così che si svaluta chi ha preferito darsi da fare con il comunismo internazionalista piuttosto che con i sacramenti e le radici antropologiche dell’Europa. |
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Francis Picabia 1936-37, La rivoluzione spagnola, Museo Reina Sofía, Madrid | |||
1 - Ma non essendo interessati a produrre e condurre polemiche personali, in seguito ci limiteremo a citare alcuni passaggi dal brano pubblicato, al solo scopo di facilitarci l’esposizione e procedere nelle argomentazioni in completa autonomia.
2 - Che poi questo “qualcuno” sia Roger Caillois, la stessa Dennis Hollier o altri, è del tutto trascurabile ai fini di queste considerazioni. 3 - Cfr. D. Hollier 4 - Una ostilità che equivarrebbe ad un loro totale antiocci-dentalismo. 5 - Volantino Au feu, cit.
6 - D. Hollier.
7 - D. Hollier 8 - Affirmative Action - Una concessione di privilegi applicata dai surrealisti a quest’arte come a tutto ciò che non “proviene” dall’occidente, dalla sua estetica, dalla sua antropologia… come pure dalla sua economia. 9 - D. Hollier 10 - D. Hollier 11 - Premier bilan de l’Exposition Coloniale. – Ci sarebbe da interrogarsi sulla posizione dei surrealisti, in questo determinato momento, nei confronti della falsa dottrina staliniana del “socialismo in un solo paese”, correlandola anche con la tattica dei fronti popolari adottata, da lì a qualche anno, proprio in Francia e Spagna.
12 - Laddove una simile posizione sarebbe del tutto scontata da parte di elementi colonizzati. E non si tratta di altruismo, ma di una rivendicazione per la propria libertà. Non a caso nella mostra sulla verità delle colonie campeggia il concetto che unisce il popolo l oppresso e quello oppressore alla medesima condizione di asservimento, quindi nel medesimo combattimento.
13 - D. Hollier - “Logicamente” una “risposta” non può precedere la “domanda”: sarebbe una inversione della cronologia. 14 - Cfr. Hollier 15 - C’è in questo una soluzione e un superamento delle cronologie. Come nella teoria delle catastrofi, possiamo considerare questo rivolgersi al primitivo, al selvaggio, come un precipitare all’indietro per prepararsi meglio al balzo in avanti? Per tale orientamento si potrebbe valutare inoltre l’influenza della letteratura sull’argomento del comunismo primitivo nella storia e nell’antropologia non meno che in economia. L’indietro si è mostrato a volte ricco di opzioni per il futuro (come ad esempio il calcolo infinitesimale). 16 - …sempre buono per contenere, in tempi di crisi, il conflitto apertamente sociale fino alla rottura storica! |
17 - E’ chiaro che oggi questo non vale più; adesso che tutta una serie di simili questioni si sono risolte e dissolte, nazionalismi o irredentismi si presentano ormai solo come lotte intercapitalistiche.
18 - Forse in quanto momenti irripetibili dell’infanzia stessa dell’uomo, che non può tornare. 19 - Premier bilan de l’Exposition Coloniale, cit. - L’azione, positiva o oppositiva, su oggetti che non si ritengono più sacri, non può considerarsi antireligiosa. I surrealisti sono chiari in questo: noi ci rammarichiamo per il rogo dei cimeli del padiglione olandese perché è una perdita per la scienza di oggetti irripetibili, e, sempre scientificamente, esultiamo per il rogo delle chiese in Spagna e degli oggetti sacri che contengono. Entrambi hanno perso la loro dimensione sacra: i primi perché sottratti ai propri ambiti organici, i secondi perché secolarizzati e mercificati (riprodotti illimitatamente rispetto a totem e tiki). Nella controesposizione vediamo la statua di un negretto che se in francese ringrazia per la carità ricevuta, in italiano classifica sé stesso e tutte le paccottiglie che lo attorniano come merci, ossia “feticci europei”, la cui tutela a oltranza sarebbe per l'appunto una manifestazione di feticismo (che i surrealisti – almeno in questo contesto critico - non abbracciano affatto, come dice Foster, cfr.).
20 - D.H. ha ricordato in precedenza diverse momenti in cui i surrealisti hanno manifestato e anche ostentato irreligiosità e anticlericalismo (Fine dell’era cristiana di Breton, lettere di Artaud al Papa e al Dalai Lama, Benjamin Péret che insulta un prete, Decorazione casalinga di Sadoul e Thirion).
21 - D. Hollier. 22 - D. Hollier. 23 - D. Hollier. 24 - E in questo senso la mappa del mondo surrealista del ’29 sembra, in parte, più rispondente alla realtà odierna, con le aree dei paesi oggi emergenti al capitalismo (non escluse Cina e Russia) enormemente superiori a quelle dei vecchi capitalismi, semplicemente afflitti da malattie, appunto, senili. Le “vie nazionali al socialismo” dell’atro ieri (o anche del terzo mondo di ieri) ci si svelerebbero oggi precisamente come “vie nazionali al capitalismo”. |
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